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CraccoCracco Superstar

«Io severo in tv? La verità è che la cattiveria la tagliano. Il bello della televisione è che vedi senza toccare. Se qualcuno mi conoscesse davvero, dopo dieci minuti girerebbe i tacchi». Sarà. Ma sono centinaia le persone che ieri pomeriggio hanno sfidato la pioggia per vederlo, fotografarlo, sentirlo parlare e strappargli un autografo su quel libro, il suo sesto, che anche nel titolo gioca sulla sua fama di “gastro-seduttore”.

Accolto come una rock star nel centro congressi di Confartigianato, l´inflessibile giudice di MasterChef Italia Carlo Cracco ha presentato “A qualcuno piace Cracco”, una guida alla scoperta della cucina regionale attraverso sessanta ricette dove la tradizione si sposa con l´estro creativo del pluristellato chef di Creazzo. E l´incontro promosso da Galla 1880, dai Ristoratori De.co e da Confartigianato è stato anche l´occasione per intervistare sia il personaggio televisivo sia il maestro dei fornelli che ha risposto alle domande del caporedattore del Giornale di Vicenza Antonio Di Lorenzo, alla presenza del presidente dei Ristoratori di Confartigianato Christian Malinverni.

LE RADICI. La cucina regionale? «Tanta roba - dice Cracco -. L´obiettivo di questo libro è quello di valorizzare un patrimonio enorme fatto di ricette e prodotti». Tutte cose che le nuove generazioni di cuochi, proprio come quelli che lui rimprovera senza pietà sugli schermi di MasterChef, tendono a dimenticare. «A chi viene a imparare nei miei ristoranti (l´ultimo inaugurato l´altra sera a Milano nasce all´interno di una vecchia segheria degli anni Venti, da cui prende anche il nome, ndr), chiedo sempre di propormi un piatto tradizionale della sua regione. Bene, c´è ancora qualcuno che non conosce le ricette della propria terra. Invece bisogna studiare, soprattutto ora che la cucina può essere per tanti giovani un´opportunità di lavoro. È dalle tradizioni che parte la nostra storia».

LE RICETTE. Poi dalla chiacchierata emergono alcune curiosità sul suo lavoro di autore: «Io le ricette non le scrivo, le registro». E quel titolo che fa il verso a “A qualcuno piace caldo” - celebre film con l´icona della seduzione Marilyn Monroe - riferimenti al suo ruolo di sex symbol a parte, ha anche una vena anticonformista: «Interpreto a modo mio le ricette. In quella del cacio e pepe ho aggiunto anche un cucchiaio di panna. Il senso è “Se ti piace bene, sennò andiamo avanti”». Sempre verso l´eccellenza però, perché «la caratteristica della cucina di Cracco - spiega Di Lorenzo - è la stessa che indicava Antoine de Saint-Exupéry nel Piccolo Principe: “La perfezione si ottiene non quando non c´è nient´altro da aggiungere, ma quando non c´è più niente da togliere”».

Essere se stessi sì, senza volare troppo alti «in modo tale da non fare cavolate», dice, riferendosi al successo di MasterChef «che è l´unico programma di cucina fatto bene. È come confrontare un piatto da ristorante gastronomico e uno da Festa dell´Unità».
I CONSIGLI. Un consiglio per i giovani che vogliono intraprendere questo mestiere? «Studiare e andare all´estero, ma se non hanno mai visitato l´Italia, suggerisco di partire a scoprirla dal posto più lontano. Poi li manderei a lavorare i campi. Il nostro mestiere è capire quando un cavolo o una zucchina sono buoni e questo lo impari con l´esperienza, non ci sono libri che te lo insegnano».

Tra il pubblico di ristoratori, cuochi e semplici telespettatori curiosi c´erano anche alcuni giovani del Master della cucina italiana organizzato da Ascom a Creazzo. «Maestro, ha abbandonato la cucina di trincea per la cattiveria dell´imprenditore?», chiede uno di loro. «Essere cuochi non è soltanto stare dietro a una stufa - risponde lo chef - Inoltre fare l´imprenditore non vuol per forza dire essere cattivi, è esattamente un lavoro come un altro, come quello del contadino. A proposito, quando mi fermerò, mi metterò a coltivare la terra».
© Il Giornale di Vicenza